Le foglie ingiallite già cadevano dagli alberi; la campagna spogliandosi si faceva sempre più brulla; a mattino ed a sera spirava frizzante la brezza autunnale.
Bisognava andarsene; bisognava rinunciare a quella vita di libertà e di svago; lasciare il vecchio zio e la buona zia che l'adoravano; ritornare a casa, in città.
Sarebbe venuta a prenderla Gegia la cameriera, poiché il babbo era in giro pe' suoi affari.
Com'era volato quel mese di vacanza!
Maria si svegliò all'alba. Voleva goderle quelle ultime ore, voleva salutare i campi, il bosco dalle grandi querce rigogliose e fronzute, dai pioppi eleganti con la foglie tremule, argentee al sole; voleva correre alla bella fontana ombreggiata da' salici spioventi, bere di quell'acqua limpida e diaccia facendo giumella delle mani. E poi aveva da vedere Tea la tessitrice, quella sua amica d'infanzia, che da piccina, quando non andava ancora a mestiere, baloccavasi con lei quant'era lungo tutto il giorno. Aveva da stringere la mano a Giorgio, il barbuto spaccalegna, che viveva in un casolare accucciato fra le bianche betulle e gli alti e diritti ontani. E poi? Il signor Curato? Pensava forse di partire senza riverirlo, lui così affabile?... E il maestro, che a lei bimba aveva insegnato le lettere dell'alfabeto con tanta pazienza?... Poi il signor Fausto, il forestiero, aveva la sera innanzi promesso allo zio che quel mattino sarebbe venuto a prendere il caffè in casa, e conveniva spicciarsi a fare gli addii fuori, per ritornare all'ora fissata, se no, che cosa avrebb'egli potuto dire, egli che s'era sempre mostrato tanto gentile verso di lei?...
In questi pensieri la fanciulla sgusciò dal letto con un sospiro; per quell'anno non avrebbe più dormito in quel lettuccio bianco, in quella cameretta gaia di luce e d'aria profumata!... Prese lentamente a vestirsi arrestandosi di tratto in tratto per guardar fuori dalla finestra e per sorridere alla sua immagine riflessa nella specchiera.